E' stata un' esperienza decisiva per la mia vita, mi ha orientatoin modo sicuro verso la solidarietà con gli altri
Testimonianza di Umberto Mazzone (I)
Nel novembre 1966 frequentavo il liceo scientifico Fermi di Bologna e avevo 15 anni. Seppi dell' alluvione di Firenze dalla radio, dalla televisione, dai giornali. Allora esistevano ancora le organizzazione rappresentative degli studenti universitari bolognesi (ORUB) che organizzarono, con l' aiuto del Comune, una piccola spedizione a Firenze con due pullman.
Io, assieme ad altri compagni di liceo, mi aggregai dichiarando di avere qualche anno in più. Partimmo da piazza Maggiore di Bologna in una domenica di pioggia e arrivammo a Firenze per l' autostrada scortati da due vigili urbani motociclisti di Bologna che giunsero a Firenze semi assiderati non ostante una sosta a Cantagallo per un momento di ristoro. Ci apparve una città che pareva in stato di assedio, spesso si incontravano blocchi di militari e polizia che dovevano dissuadere l' azione di possibili sciacalli.
Ovunque sulle case appariva, come un laido affresco lasciato dal disastro, la riga nera della superficie oleosa delle acque che segnava il punto di massima altezza raggiunto dall' alluvione. Poichè avevo fatto le vaccinazioni antitetanica e antitifica l' estate precedente e possedevo un paio di guanti da lavoro non venni destinato al recupero di libri o di altri beni artistici ma fui inviato all' ospizio per vecchi di Via Malcontenti dove si lavorò, con mezzi ridicoli rispetto all' entità del disastro (pale e un motocarro Guzzi 500), a liberare dal fango il cortile dell' edificio e le cantine di alcune case vicine.
Alcuni dei camion arrivati da BolognaMancava l' acqua e quindi non potevamo pulire dalla morchia quanto portavamo fuori dalle cantine e ci limitavamo a lasciare il materiale nei cortili o lungo le strade. Ma se non sgombravamo le cantine dalle suppellettili era ovviamente impossibile iniziare a svuotarle dalla melma. Nei pressi, lungo le rive dell' Arno, si lavorava a montare un potabilizzatore da parte di un reparto, credo, dell' esercito olandese. Mi colpì la preparazione tecnica di quegli uomini.
Due pulman con studenti in partenza da Bologna per offrire il loro aiuto a FirenzeLa loro fredda efficienza mi parve però contrastare assai nel carattere con la sapida laboriosità toscana. Quando tornammo a Bologna provammo un dolore quasi fisico nel ritrovare una città dalla vita del tutto regolare, con la gente che passeggiava tra le vetrine, immemore del fatto che a un' ora di macchina si viveva in una condizione inumana. Scendendo dall' autobus coperti di fango dalla testa ai piedi, nuovamente in Piazza Maggiore, i passanti ci guardavano come esseri strani e inquietanti mentre noi ci sentivamo portatori di sensazioni incomunicabili a chi non le aveva vissute.
Gli Angeli del fango arrivati da Bologna al lavoroPiù tardi, leggendo memorie di guerra, ho scoperto che anche i soldati in licenza dal fronte avevano sperimentato le stesse impressioni E' stata un' esperienza decisiva per la mia vita, una tappa che segnato la strada del mio divenire adulto. Mi ha orientato in modo sicuro verso la solidarietà con gli altri. Ancor oggi, a 45 anni, e nonostante le tante delusioni, continuo su quel cammino e mi sono spesso recato nella ex-Jugoslavia a portare aiuti. Non voglio dimenticare infine l' effetto di crescita anche sociale dato da quell' esperienza ad una generazione: pochissimi anni dopo trovai tutti gli amici del viaggio fiorentino coinvolti nella stagione del movimento studentesco.
Un camion di Bologna distribuisce acqua potabile ai cittadini di FirenzeUmberto Mazzone Via Canovaccia 13 40067 Rastignano di Pianoro (Bologna)
E-mail :
sis0026@iperbole.bologna.it oppure mazzone_u@biblio.cib.unibo.itLe foto di cui purtroppo non si conosce l'autore ci sono state gentilmente inviate da Umberto Mazzone
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