Le parole che seguono sono prese dal
diario di Fiammetta,
una bambina di dieci anni
che è nata e viveva a Firenze
durante l'alluvione.
L'acqua si ritira
L'acqua si è ritirata lentamente, lasciando Firenze sepolta da fango, nafta, masserizie e disperazione. I fiorentini ancora non si rendono conto di quello che è successo, sono allibiti, trasognati, tutto ai loro occhi pare impossibile. Purtroppo è vera realtà e non possiamo perdere tempo: Firenze deve rinascere.
Gli aiuti sono subito arrivati: militari, volontari e i fiorentini stessi hanno cominciato a spalare il fango, distribuire viveri e salvare le opere d'arte; sì perché anche i monumenti, le opere d'arte fra cui i quadri della Galleria degli Uffizi e i manoscritti della Biblioteca Nazionale.
I primi a rispondere all'appello sono stati i giovani, (stranieri e italiani) come chiamano oggi la gioventù bruciata, e rinunciando a ogni comodità moderna, con pieno spirito di sacrificio hanno vissuto per moltissimi giorni e settimane in mezzo al fango per salvare quello che era perduto.
Intorno a me tutto si muoveva, si risvegliava e io mi sentivo inutile, avrei voluto andare in centro, aiutare i miei fratelli, moralmente e spiritualmente, ma non ho potuto far niente, e spesso ho pianto di nascosto. Andando in giro per Firenze pochi giorni dopo l'alluvione sono passata dinanzi alla Biblioteca Nazionale, affacciandomi a una finestra (al sottosuolo) da dove provenivano dei suoni ho visto molti studenti e ragazzi che disseppellivano i libri dal fango. Ho provato una stretta al cuore, e avrei voluto gridare "Aspettatemi! Vengo anch'io ad aiutarvi!". Invece ho proseguito la mia strada, abbracciata alla mamma, forse era la sola che capiva quel che io provavo.
Due delle pagine del diario di Fiammetta
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