Profughi dal Kosovo

Negli occhi dei profughi




Cosa si vedeva di quei profughi? Soprattutto due cose: i piedi distrutti e gli occhi. Occhi pieni di terrore. Mai visto tanto terrore negli occhi di un Essere Umano. E i loro occhi erano specchi. Specchi per tutta l’Umanità. Riflettevano la nostra sconfitta di quel momento che ora dobbiamo assolutamente trasformare in una vittoria, perché impareremo da questa lezione. Dobbiamo farlo per continuare a chiamarci Esseri Umani.

La cosa peggiore di questa guerra è la possibilità che l’odio, la divisione, la percezione della diversità delle etnie non sia contenuta e si espanda oltre i confini di quella terra. E’ necessario imparare una nuova misura. Non dobbiamo pensare a chi è più cattivo o violento, se il Serbo o l’Europeo, l’Occidentale, o l’Albanese, o il Kossovaro. Il vero nemico è l’arretratezza che ci porta a percepire gli altri come diversi e a spandere odio. Lo stesso carnefice è vittima della propria follia. Questo non lo assolve, certamente, ma nemmeno ci autorizza a fare lo stesso.







Cosa si vedeva di quei profughi? Si vedeva anche un’altra cosa. Dopo un paio di giorni al campo montato dai volontari dell'ANA sembravano rinati e diversi. Ora ridevano anche, malgrado tutto. Avevano conosciuto persone e soldati che li avevano soccorsi e aiutati.
Ora sapevano che l’Umanità continua ad esistere. Nella Vita si possono incontrare anche persone belle e generose persino nel peggiore degli inferni.


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PROFUGHI DAL KOSOVO
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