"Le zone umide"
di Angela Tumminelli
Un tempo erano sinonimo di malaria e venivano considerate zone improduttive, oggi dopo che operazioni di bonifica effettuate su larga scala, hanno ridotto notevolmente il numero di questi ambienti dall'ecosistema particolarissimo, le zone umide sono tutelate e protette.
A renderle interessanti non è l' aspetto, indubbiamente suggestivo, ma il ruolo di mantenimento dell'equilibrio sia idrogeologico che climatico, che queste aree paludose riescono a svolgere. Funzionano infatti, in caso di inondazioni, come bacini e come riserve d'acqua preziose per il rifornimento continuo delle falde sotterranee e possono ridurre gli sbalzi di temperatura nelle zone vicine.
Questi ecosistemi particolarissimi sono inoltre preziosi per l'evoluzione della specie, perché consentono la vita a specie vegetali ed animali che difficilmente altrove potrebbero sopravvivere. In particolare rappresentano per gli uccelli locali, il luogo ideale per la nidificazione e per i migratori, ospitali e sicure tappe sulle rotte migratorie.
Fra gli aspetti positivi delle zone umide anche quello di essere fra le zone più fertili esistenti al mondo, un po' per via del continuo movimento delle acque di marea che favorisce il trasporto di sostanze alimentari e un po' per le innumerevoli specie vegetali che qui vivono e si riproducono aumentando la capacità di fotosintesi e di penetrazione dell'energia solare. Un insieme di elementi che consentono ad ogni livello, una varietà di vita notevolissima.
La formazione naturale di queste aree risale a circa un miliardo di anni fa, quando gli oceani cominciarono a ritirarsi; nel corso degli anni molte terre paludose sono state trasformate, prosciugate dalle acque e rese coltivabili. Gli Etruschi e i Romani furono dei veri maestri in questo campo attuando una pratica di bonifica del territorio, denominata per "scolo naturale" , che sfruttava la pendenza (anche minima) del terreno, per far defluire le acque morte in fossi diretti al mare.
In Toscana (regione che nel corso dei secoli ha fatto un notevole ricorso ad operazioni di bonifica) il recupero di grandi estensioni di terreno cominciò a partire dal XV secolo per arrivare nell'Ottocento (sotto il governo dei Lorena) a prosciugare tante terre da cambiare il volto al paesaggio che, da palustre e insalubre, divenne una delle pianure più fertili della regione.
Nell'ampia vallata fra i monti di Campiglia e quelli del Promontorio di Piombino, i lunghi lavori di prosciugamento dalle acque portarono le aree umide dagli originari 1500 ettari a circa un centinaio di ettari.
Testimonianza dell'antica zona umida è la Palude degli Orti di Bottagone riconosciuta oggi come luogo dall'importantissimo patrimonio ambientale dove, in zone diverse ma non lontanissime fra loro, si alternano associazioni vegetali tipiche degli ambienti salini (salicomieto composto da piccole pianticelle dalla consistenza carnosa) e specie di acqua dolce (canna di palude, giglio d'acqua).
Lo stagno di Molentargius in Sardegna
(foto Blue Planet©)Fra tutte le 214 zone umide italiane (sei milioni di ettari) riconosciute meritevoli di attenzioni, un Eldorado per molte specie animali (e anche per gli ornitologi) è rappresentato dagli stagni di Cagliari, da quello di Molentargius (zona orientale della città a Quartu S. Elena) dove nidificano migliaia di fenicotteri e di avocette, a quello di Capoterra (ovest di Cagliari) dove trovano asilo migliaia di anatre selvatiche, gabbiani rosei, fistioni turchi, cavalieri d'Italia e altre specie ancora.
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